Intervista al Cardinale Augusto Paolo Lojudice: un pastore da sempre vicino ai sofferenti e agli “ultimi”

In questo periodo difficile per molte persone, che già vivevano in modo precario sia dal punto di vista sociale che economico, la pandemia ha purtroppo aggravato queste situazioni e acuito i loro problemi.
Oltre al virus pandemico si è purtroppo amplificato un altro “virus”, subdolo e silenzioso, la “solitudine”. Un “virus” che può essere curato solo a livello umano e non a livello farmaceutico. Su questo fronte, come su quello della solidarietà, della vicinanza, dell’ascolto e dell’aiuto, la Chiesa è quotidianamente in campo.
Portare una parola di conforto può rappresentare molto, specialmente a chi vive solo, ai disabili e agli anziani.
Il Cardinale Augusto Paolo Lojudice ha sempre tenuto ben ferme queste linee guida. E’ sempre stato in mezzo alla gente, in particolare tra i malati e tra gli “ultimi”, facendone un punto fermo prima del suo sacerdozio e poi del suo cardinalato.
Nato nella zona sud-est di Roma, dove ha perfezionato i suoi studi prima di iniziare il suo cammino sacerdotale, è stato ordinato diacono il 29 ottobre 1988 e sacerdote il 6 maggio 1989, dal Cardinale Ugo Poletti, incardinandosi nella Diocesi di Roma.
Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto la sua attività pastorale a Roma come Vicario Parrocchiale della Parrocchia Santa Maria del Buon Consiglio (quartiere Quadraro, 1989-1992); Vicario Parrocchiale della Parrocchia San Virgilio (quartiere Eur, 1992-1997); Parroco della Parrocchia Santa Maria Madre del Redentore (quartiere Tor Bella Monaca, 1997-2005); Direttore Spirituale nel Pontificio Seminario Romano Maggiore (2005-2014) e contestualmente, a motivo di tale ufficio, Deputato della Congregazione dei Missionari dell’Istituto Imperiali Borromeo (2007-2014) e Membro del Consiglio Presbiterale della Diocesi di Roma (2010-2011); Parroco della Parrocchia San Luca Evangelista (quartiere Prenestino, 2014-2015).
Alcune delle predette parrocchie sorgono in zone periferiche e popolari, dove maggiore è la sofferenza e il degrado.
Dal 2013 è tra i Membri Fondatori dell’Associazione Dorean Dote Onlus, che si occupa di sostegno ed accompagnamento a bambini e famiglie della quale è Presidente.
Eletto Vescovo Titolare della Sede Vescovile di Alba Marittima e Vescovo Ausiliare della Diocesi di Roma da Sua Santità Papa Francesco il 6 marzo 2015, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 23 maggio a Roma, nella Basilica Lateranense, da S. Em. il Card. Agostino Vallini. Dopo l’ordinazione episcopale è stato a Roma (dal 2015 al 2019) Vescovo incaricato per il Settore Sud della Diocesi di Roma.
Il 6 maggio 2019 il Santo Padre Francesco lo ha nominato Arcivescovo Metropolita dell’Arcidiocesi Metropolitana di Siena – Colle di Val d’Elsa – Montalcino della quale ha preso possesso canonico il 16 giugno seguente facendo solenne ingresso nella diocesi e celebrando nella Cattedrale Metropolitana di Santa Maria Assunta in Siena.
Come Metropolita ha ricevuto il Pallio da Papa Francesco il 29 giugno 2019 nella Basilica Papale di San Pietro in Vaticano a Roma, che gli è stato successivamente imposto da S.E. Mons. Emil Paul Tscherrig, Arcivescovo Titolare di Voli, Nunzio Apostolico in Italia, il 13 ottobre seguente nella Cattedrale di Siena.
Preconizzato cardinale nell’Angelus del 25 ottobre 2020 è stato creato e pubblicato Cardinale di Santa Romana Chiesa da Sua Santità Papa Francesco nel concistoro ordinario pubblico del 28 novembre 2020, ricevendo il Titolo di Santa Maria del Buon Consiglio, del quale non ha ancora preso possesso. Il 16 dicembre 2020 il Santo Padre lo annovera tra i membri della Congregazione per i Vescovi.
Abbiamo posto alcune domande a S. E. Cardinale Augusto Paolo Lojudice non solo per l’esperienza vissuta nelle periferie romane ma anche per la sua continua vicinanza alle persone in difficoltà e agli “ultimi”.
Eminenza, innanzi tutto voglio complimentarmi con Lei, anche a nome dei lettori del TIFOSO, per la recente nomina cardinalizia. Lei è nato ed è cresciuto (anche a livello ecclesiastico) a Roma. Durante il suo sacerdozio ha conosciuto tutte le realtà che una città come Roma presenta. E’ sempre stato molto vicino alla gente in difficoltà, agli “ultimi”. Che cosa ha significato per Lei questa esperienza?
Il Santo Padre ancora una volta mi ha sorpreso nominandomi Cardinale e certamente questa fiducia che lui ha riposto in me mi stimola ancora di più ad essere “un pastore che ama sentire l’odore delle sue pecore”. Io l’ho sempre detto che Roma è nel mio cuore perché è la città dove sono nato e mi sono formato, ma poi il servizio alla Chiesa mi ha portato a Siena dove ho “esportato” il mio stile che è quello della semplicità e della vicinanza soprattutto con chi è più fragile e in difficoltà. E ci tengo a rimarcare come questo debba essere un atteggiamento normale e non un fatto eccezionale e da sottolineare. Papa Francesco ci ha detto di recente che dobbiamo abbandonare il nostro “io” per essere un “noi” che doni grazia. Solo così, in questo momento potremo superare una fase della storia umana drammatica e senza precedenti. Andare nelle periferie esistenziali questo ci chiede Papa Bergoglio e per fare questo non dobbiamo mai dimenticare che in tutti coloro che incontriamo si riflette l’immagine di Gesù. Questa certezza mi dà ogni giorno lo slancio e la forza per essere vero portatore di speranza.
Quali ricordi le sono rimasti nel cuore dell’esperienza vissuta alla Parrocchia Santa Maria Madre del Redentore a Tor Bella Monaca?
Fu il cardinale Ruini a chiedermi di andare a fare il parroco a Santa Maria Madre del Redentore. Era il 1997. Questa esperienza durò fino al 2005 quando mi fu chiesto di andare a fare il Direttore Spirituale nel Pontificio Seminario Romano Maggiore. Quella di Tor Bella Monaca è stata certamente un’esperienza molto importante per la mia vita sacerdotale perché in questo quartiere ho potuto sperimentare il “Vangelo su strada” come lo chiamo io in un quartiere dove i problemi non sono mai mancati, ma ho trovato anche tante persone splendide che nella loro semplicità e generosità hanno saputo mettersi a disposizione di chi era meno fortunato. A Santa Maria Madre del Redentore abbiamo dato vita al primo nucleo di Medicina Solidale con gli ambulatori di strada che oggi sostiene e cura oltre 15 mila persone nella Capitale. Proprio da questa parrocchia ho cominciato la mia esperienza nel mondo dei rom e dei sinti di Roma, che ancora oggi anche a distanza seguo anche attraverso l’associazione Dorean Dote. Insomma quegli anni sono stati fondamentali e diciamo li porto sempre nel mio cuore.
Questo anno che si è appena concluso è stato molto difficile e duro. La pandemia è costata cara anche il termine di persone decedute. Molti non sono riusciti a salutare, ad abbracciare o ad accarezzare per l’ultima volta i loro cari. E’ stato straziante. Cosa possiamo dire a queste persone che hanno subito questo tipo di lutto per alleviare loro la sofferenza e che cosa auspica ai romani e non solo per il nuovo anno?
Alla perdita di un proprio caro non ci abitua e il dolore è veramente profondo. Quello che sta accadendo per causa della pandemia ha disumanizzato anche gli ultimi istanti di vita di tanti uomini e donne in Italia e nel mondo. La solitudine è il virus che più fa paura non solo a chi sta in un letto di ospedale, ma anche a tante persone che sono chiuse in casa sole e penso agli anziani e alle persone disabili. In Italia ad oggi sono oltre 80 mila i morti per Covid. Un dato straziante che coinvolge tutto il nostro paese. Il lutto di quelle 80 mila famiglie è il nostro lutto, il loro dolore è il nostro dolore. Auguro ai romani e a tutti gli italiani di potere tornare a sognare e di potere rivedere le nostre città piene di vita. Credo che la pandemia potrà essere l’occasione per recuperare quel senso di comunità solidale che negli ultimi anni abbiamo perduto sotto i colpi di un personalismo sfrenato.